
In Afganistan le donne da vittime passano a imputate e questa è una doppia violenza....
Kabul – “Indossava ancora i vestiti sudici del lavoro. Quando mia mamma uscì di casa, entrò e chiuse porta e finestre. Cominciai a urlare ma mi tappò la bocca con le mani”. Comincia così la storia di Gulnaz, intervistata dal carcere femminile di Badam Bagh a Kabul da un giornalista della CNN.
La storia – Viveva a Kabul con la madre e aveva 19 anni quando fu violentata dal marito della sorella. Dopo lo stupro la giovane donna decise di chiudersi in un triste silenzio senza denunciare l’accaduto alle autorità, a causa del tremendo machismo che permea le istituzioni afghane, ma soprattutto per non essere estromessa dalla società, per non essere ripudiata dalla famiglia e mantenere così l’onore, avvolta da sensi di colpa e frustrazione per una violenza e un crimine subito. L’incubo di Gulnaz diventa reale al quarto mese, quando scopre di essere rimasta incinta dell’aggressore. Decide di tenere la figlia, simbolo della sua innocenza, e rivolgersi alle autorità. Dopo la denuncia dei fatti la donna è stata arrestata e condannata alla reclusione forzata per 12 anni. Crimine commesso: adulterio. Secondo il portavoce giudiziario afghano Rahmatullah Nazari, la donna sarebbe colpevole di aver nascosto l’aggressione per troppo tempo e quindi, data l’impossibilità di dimostrare la violenza subita, accusabile di adulterio così come prevede la legge.
La legge afghana – I casi di violenze sessuali in particolare, e di violenze sulle donne in generale, sono endemici in Afghanistan. Tuttavia il Codice Penale non riconosce tale atto un crimine imputabile ad un presunto aggressore. Gli articoli 426 e 428 non contemplano lo stupro come violenza subita, ma rientra nella più generale forma di adulterio nell’ambito delle relazioni sessuali extraconiugali. Le sentenze emesse dal tribunale prevedono quindi come pena per le sole donne una reclusione da un minimo di 5 ad un massimo di 15 anni. L’impossibilità di fornire prove forensi che dimostrino la violenza subita è impossibile, dato il silenzio delle vittime, la corruzione, ma soprattutto per il fatto che vale solo la parola dell’uomo. L’unico modo per ottenere un indulto è essere perdonata per un crimine subito e non commesso dalla famiglia di appartenenza, dall’aggressore e, infine, dal tribunale.
L’obbligo di scegliere – “La mia bimba potrà continuare ad avere una madre”. Con queste parole, nel video diffuso mercoledì dall’emittente statunitense, Gulnaz ha dichiarato di essere disposta a sposare l’aggressore, ottenendo un indulto presidenziale ed una riduzione della pena a 3 anni e scegliendo l’unica via di salvezza possibile dal carcere e dalla morte. Semmai dovesse uscire disonorata insieme alla bimba, sarebbe la stessa famiglia ad ucciderla pur di salvare l’onore.
La situazione – La Legge per la Eliminazione della Violenza contro le Donne è entrata in vigore in Afghanistan nell’agosto del 2009. Essa prevede che siano imputabili penalmente i casi di violenza domestica, stupro, matrimonio combinato, compravendita e “baad”, ossia pratiche sociali attraverso le quali giovani ragazze e bambine vengono consegnate come compenso in caso di dispute familiari, l’immolazione e numerosi altre situazioni che sfregiano la dignità della donna. Navi Pillay, Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Diritti Umani, ammette che l’applicazione delle leggi internazionali per la tutela delle donne ha visto lo sforzo del governo di Kabul negli ultimi anni, ma che “disgraziatamente” l’impegno è pressoché irrilevante: da marzo 2010 a marzo 2011 sarebbero 2299 i casi di stupro non investigati. Si debba considerare anche l’impossibilità di avere la certezza di statistiche ufficiali. Stando ad un reportage di Robert Fisk, corrispondente del diario The Independent in Oriente in uscita nel prossimo numero, sarebbero almeno 20000 le donne assassinate ogni anno in nome dell’onore. In caso contrario, il 60% è obbligato sposarsi prima dei 18 anni, stando invece ad un rapporto ufficiale delle Nazioni Unite. L’ultimo caso, riportato sul sito del giornale spagnolo Publico prendendo spunto da un servizio della BBC, risale al 10 novembre scorso. A Ghazni, città situata tra Kabul e Kandahar, una vedova insieme alla figlia sono state dapprima stuprate, poi in seguito accusate di adulterio e deviazioni morali e infine lapidate.
Il caso internazionale – Il caso Gulnaz, riportato tra le prime pagine dai quotidiani spagnoli El Pais e El Mundo, più che spingere le autorità internazionali a far luce sulla drammatica situazione di una giovane ventunenne, rischia di essere strumentalizzata all’interno di una polemica internazionale. Secondo quanto scritto tra le colonne delle testate spagnole infatti, tempo fa l’Unione Europea avrebbe commissionato ad un gruppo di esperti lavori di documentaristica in Afghanistan. Il caso di Gulnaz, insieme a quello di altre giovani donne, sarebbe stato documentato e fatto visionare all’UE, la quale avrebbe poi deciso di censurare il progetto. La motivazione ufficiale fornita dal Presidente Speciale dell’UE Vygaudas Usackas, sarebbe stata quella di voler preservare le donne da possibile rappresaglie poiché filmate a volto scoperto. Secondo la CNN, che ha presentato il documento nei giorni scorsi riprendendo la giovane coperto da un velo con in braccio la figlia, l’ostruzionismo europeo sarebbe da ricondurre alle relazioni sensibili tra l’Europa e il governo di Karzai. La situazione è alquanto complessa è vede coinvolti diversi attori: da un lato la CNN, espressione mediatica di un governo che da dieci anni è in guerra con l’Afghanistan per la salvaguardia dei diritti umani, a costo però della morte di migliaia di civili; da un altro l’informazione europea, accusata di connivenza con un sistema perverso e corrotto; su un ultimo fronte infine il governo di Kabul e le sue leggi. Nel mezzo Gulnaz e la piccola bimba di due anni, la prima colpevole di essere stata stuprata e umiliata, la seconda invece di essere nata.
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